Un Avanzini a tutto tondo
PRESENTIAMO L'INTERVISTA AD AVANZINI , PROSSIMO AVVERSARIO DELLA BLUBASKET , PUBBLICATA SU DIVERSI SITI SPECIALIZZATI .
Il tuo di quest’anno è un ritorno a Fidenza. Allora: cresciuto qui, poi Reggio, di nuovo qui nel 2004/2005, il primo di B1, ed è stato un anno... faticoso! Da lì Siena, poi di nuovo Reggio Emilia, e ora Fidenza.
Volevo partire da un tuo confronto tra la Fidenza che hai lasciato nel 2005 e quella che hai ritrovato quest’anno.Quell’anno è stato molto difficile: siamo retrocessi. Ripescati in seguito, ma retrocessi sul campo. Era il primo anno di B1, una realtà nuova per Fidenza, che aveva sempre fatto la B2 o le serie inferiori. Era una realtà totalmente nuova anche per il pubblico.Ho trovato adesso una città che segue molto di più il basket. C’è molta più gente al Palasport, ma c’è anche molta più gente, che magari prima nemmeno sapeva cos’era il basket, che mi ferma in giro, mi chiede... La prima differenza è quella: l’interesse è molto cresciuto. Probabilmente anche grazie alla Finale raggiunta, all’immagine guadagnata sul campo negli anni precedenti dai vari giocatori che sono passati di qui.Dal punto di vista societario ci sono ancora le persone che già conoscevo, ma c’è anche qualche nuovo innesto importante.
C’è sicuramente un po’ di esperienza in più.
C’è sicuramente un po’ di esperienza in più.
Senza dubbio. Oltre all’esperienza anche la reputazione. Molti prima erano sconosciuti, Fidenza era considerata una realtà piccola, di provincia. Adesso è diverso.
L’aver fatto una Finale ci aiuta molto. Non siamo più una piazza troppo secondaria.
Sicuramente. Non solo la Finale. Un nono posto e un’altra qualificazione ai playoff. Da 3 anni Fidenza non fa i playout. Una cosa molto positiva.
Parlaci invece di Reggio. Reggio per noi è un posto mitico. Se uno a Fidenza pensa alla pallacanestro in grande, pensa a Reggio Emilia. Raccontacela dal di dentro.
All’epoca ci furono anche situazioni complicate fra le due società. Quando Reggio Emilia mi ha chiesto di andare là io avevo 15 anni. Ho detto di sì, mi sembrava un sogno.
Appunto, loro erano un mito...
Ho dato il mio consenso, poi le società hanno trovato un accordo.Reggio è una realtà completamente diversa rispetto a Fidenza. La prima squadra allora era in Serie A; adesso, pur fra molte difficoltà, in LegaDue. Ma anche a livello giovanile – senza nulla togliere a Fidenza, che sta cercando di fare del suo meglio – là era una realtà tra le prime 5 in Italia. A livello di organizzazione, di strutture, di tutto l’ambiente che ruota attorno al settore giovanile. Io ho lasciato Fidenza principalmente per quello.C’è differenza anche a livello di cultura cestistica. Reggio Emilia è 50 anni che vive per il basket. Se perdi una partita con la prima squadra, tutti lo sanno e ti dicono la loro. Una passione neanche paragonabile a quella che c’è qua.
Pur essendoci una sola serie di differenza, c’è in realtà una grossa differenza.
Loro hanno sempre visto dei fenomeni sul parquet, noi purtroppo no. Sono anche un po’ presuntuosi per questo, nei loro commenti e nel loro modo di giudicare la squadra. Sono piazze così, vanno presi i lati negativi insieme a quelli positivi.
Parliamo delle due categorie: Legadue e A Dilettanti. Tu le hai vissute tutte e due negli ultimi anni.
Pensavo ci fosse meno differenza. Non a livello di qualità dei giocatori. In A Dilettanti ci sono tanti giocatori che in Legadue ci possono stare tranquillamente. A livello fisico, tecnico e di padronanza dei fondamentali. La differenza sta nel modo di giocare. A livello difensivo c’è una pressione su tutti i 28 metri del campo che in B1 non ho mai visto, forse una sola volta contro Treviglio. C’è molta più fisicità, a partire anche dai semplici blocchi, dove magari ti trovi un americano da 115 kg., per arrivare al playmaker da 1,90 e 95 kg. Questo non significa che sia un campionato dove gli italiani non possano giocare. È una questione di abitudine. Se un giocatore, anche giovane, pensa di andare in LegaDue e di giocare come faceva in A Dil., secondo me di difficoltà ne trova, e anche tante. Poi bisogna anche trovare l’allenatore giusto. Però comunque, a livello di impatto fisico, è un campionato completamente diverso.
Quindi la differenza è molto più fisica che tecnica.
A livello tecnico ci sono in A Dil. giocatori anche più bravi degli italiani che sono in LegaDue. Penso per esempio a uno come Ryan Bucci – ma anche a tanti altri. Però sono giocatori che non sono abituati a quel tipo di impatto fisico.
Parliamo della tua scelta di venire a Fidenza. Ok, sei venuto a casa. Però ormai Avanzini è un giocatore che non dovrebbe più fare questi conti. Dietro la tua scelta c’era solo il fatto di tornare a casa tua, o la possibilità di giocare di più rispetto alla LegaDue?
Quando Reggio mi ha detto che prendeva Masoni, era insensato rimanere lì – anche loro mi hanno detto: “Troviamo un’altra soluzione”.Non nascondo che prima di firmare per la A Dil. ho guardato se c’era qualcosa in LegaDue. Qualcosa c’era, qualcosa è svanito, altre cose erano poco chiare. Non volevo fare un altro anno giocando per metà campionato solo 5/10 minuti. Allora ho scelto di andare in A Dil., e se devo andare in A Dil. ovviamente vado prima a Fidenza, perché è casa mia. Non vado a Sant’Antimo, che magari mi offriva molti più soldi, ma a 800 km. di distanza. È chiaro che il fatto di essere a casa ha influito, e poi mi stimolava il fatto di poter giocare di più e di farlo per la squadra della mia città, magari in modo diverso rispetto alla prima esperienza.
È un paragone impietoso, eri molto più giovane. Avevi l’età che ha il Bonna adesso... Sono 4 anni di differenza che pesano molto.
Senza dubbio.
Così ti sei assunto un ruolo molto difficile: “propheta in patria”. Adesso per tutti sei il ragazzo di Fidenza.
Ne sono consapevole, l’ho sempre saputo, e mi ha stimolato a venire qui. Chiaro: ci sono dei pro e anche tanti contro. Se lo fai come un lavoro, come deve essere in B1, devi prenderti tutte le critiche con molta serenità. Quindi non mi pesa questo ruolo.
Ma ti senti “a casa” a giocare nella Fulgor?Sono a casa! Qui ho fatto tutta la mia infanzia, a parte i 3 anni di giovanili a Reggio sono sempre stato qui; sono cresciuto alla Verde, al Don Bosco... Sono nato qui!
Ma ti senti “a casa” a giocare nella Fulgor?Sono a casa! Qui ho fatto tutta la mia infanzia, a parte i 3 anni di giovanili a Reggio sono sempre stato qui; sono cresciuto alla Verde, al Don Bosco... Sono nato qui!
Ecco, parliamo della tua carriera, ma proprio dagli inizi. Allora: nato in una famiglia tutta di basket, a partire da tuo papà.
Se io gioco a basket lo devo prima di tutto a mio papà, ma soprattutto a mio fratello. Lui andava all’allenamento. Io piccolino lo seguivo ovunque, e quindi anche in palestra. Da lì è nata la mia passione.
C’è qualche maligno che dice che lui è il fratello bravo dei due...
Il mio sogno è giocare con lui. Per adesso però aspetto ancora un po’...
Questa sarebbe bella: i fratelli Avanzini in campo assieme con la maglia della Fulgor...
[Sorride] Però adesso è ancora presto per scendere in C2! C’è ancora tempo...
Seguivi tuo fratello, ma prima o poi la palla l’hai presa in mano anche tu.
Andavo a vedere gli allenamenti alla Verde, mi mettevo nei canestri di lato con la palla piccola a tirare finché mio fratello non usciva dagli spogliatoi per andare a casa. Poi ho iniziato anch’io a giocare con quelli più grandi di me e da lì non ho più smesso.
Trafila delle giovanili...
Sì. Come allenatori Nicola Bergonzi, Sibelius Zanardi, Max Olivieri, Lollo Serventi. All’ultimo anno degli Allievi è arrivata la chiamata e io ho scelto Reggio Emilia. Avevo 15 anni, in seconda superiore.Il primo anno, non lo nascondo, ho fatto fatica. Giocavo nei Cadetti, ‘85-’86. Fisicamente ero la metà degli altri. E poi realtà nuova... Mi sono abituato, ne sono venuto fuori bene.La cosa che ricordo di più di quegli anni lì sono i viaggi. Mi avevano chiesto di rimanere in foresteria, ma non mi ci trovavo. Stavo via dalle 6 alle 7 ore al giorno, sempre in treno.
Nonostante questo a scuola eri in gamba – mi sono informato dai miei colleghi...
[Sorride] Sì, ero bravo!
Il che conferma quello che dico sempre ai miei studenti: non è vero che chi fa sport debba per forza andare male a scuola.
È una questione di organizzazione. Se ti organizzi fai tutto.
Continui a studiare?
Sto facendo Economia e Marketing a Parma. Dovrei essere già laureato ma... Sono ancora all’ultimo anno.
Va be’, dài – sei all’overtime!Tornando alla Reggiana, chi hai avuto come allenatori nelle giovanili?
Come responsabile Andrea Menozzi, che c’è ancora. Poi Max Olivieri, che mi aveva già avuto qui a Fidenza - lo conoscevo benissimo e con lui non ho avuto nessun problema. Poi Tellini, che adesso fa il vice a Forlì. L’ultimo anno, quello dove abbiamo raggiunto le finali nazionali juniores giocate a Fidenza e Salso, Menetti, che adesso fa il vice della prima squadra.
Chi c’era in quella squadra con te?
Bertolini, che gioca a Firenze; Basile, che è a Lumezzane; Pugi, a Imola in LegaDue.
Siamo arrivati al fatidico 2004-2005 di cui si parlava all’inizio.Ero in scadenza di contratto. Reggio voleva riscattarmi, ma non è stato trovato un accordo con Fidenza. Sono tornato e ho fatto l’anno di B1.
Siamo arrivati al fatidico 2004-2005 di cui si parlava all’inizio.Ero in scadenza di contratto. Reggio voleva riscattarmi, ma non è stato trovato un accordo con Fidenza. Sono tornato e ho fatto l’anno di B1.
Hai fatto un buonissimo girone d’andata, poi piano piano ti sei spento.
Sì, nel girone d’andata ero arrivato persino a 20/25 minuti, giocando anche bene. Dopo s’è concluso come sappiamo...
Era un anno dove anche il clima dentro la squadra era un po’ particolare.C’erano relazioni un po’ difficili. C’erano giocatori arrivati in corsa, non facili da inserire al meglio. Secondo me ci potevamo salvare, non eravamo la peggiore del campionato. È anche vero che nei playout abbiamo fatto 0 su 6, quindi c’è poco da recriminare.
Era un anno dove anche il clima dentro la squadra era un po’ particolare.C’erano relazioni un po’ difficili. C’erano giocatori arrivati in corsa, non facili da inserire al meglio. Secondo me ci potevamo salvare, non eravamo la peggiore del campionato. È anche vero che nei playout abbiamo fatto 0 su 6, quindi c’è poco da recriminare.
Dopo sei andato a Siena.
Prima ho fatto un anno di panchina in Serie A con la Reggiana, e l’anno dopo sono andato a Siena con Salieri.
Avete fatto un grande campionato.
Avete fatto un grande campionato.
Era una squadra con 5 o 6 esordienti. Giocavamo nel girone del sud, dove ci sono campi caldissimi e non si sapeva come poteva reagire una squadra giovane. Alla fine siamo stati la sorpresa: settimi, giocando uno dei basket migliori a livello di intensità e agonismo. Vincevamo le partite ai 65 punti, perché il talento offensivo magari non era tanto ma correvamo il doppio degli altri.Un’esperienza fantastica, la prima vera lontano da casa. Di Siena come società posso solo parlare bene. Un gruppo di dirigenti storici, come a Fidenza, sempre vicini alla squadra, sempre presenti in palestra, che ad ogni problema ti aiutavano. Venivano da 6 anni di playout spendendo soldi su soldi - con noi hanno conquistato i playoff spendendo un quarto, si sono subito affezionati. Un anno molto bello!
Com’è Salieri?
A Salieri devo tanto, perché lui mi ha preso non dico alla cieca, perché i giovani li segue e li conosce, però ha avuto tanto coraggio. Mi ha messo in campo, giocavo sempre 35 minuti; ho avuto anche momenti dove non giocavo bene, ma restavo in campo lo stesso. Mi ha sempre dato tantissima fiducia, tanti consigli; io cercavo di eseguirli al meglio. Avevo tanta inesperienza, ero al primo anno, giocavo contro play che venivano dalla Serie A.È stato un anno positivissimo, che mi ha fatto crescere tanto anche a livello umano. Salieri devo ringraziarlo sempre. Con lui c’è un rapporto speciale; lo sento spesso anche adesso, a due anni di distanza.
Ha avuto un’annata non positiva a Pavia, finita con l’esonero.
Il suo modo di allenare non funziona in LegaDue. Agli americani è difficile chiedere in allenamento l’intensità difensiva che vuole lui. Poi è stato anche sfortunato: ha fatto un precampionato dove sembrava la squadra dell’anno, vincendo sempre con tutti. Poi lì perdi 2 o 3 partite e sei esonerato.
Se la partita finisce 100-90, come spesso finivano le partite di Pavia, c’è qualcosa che non va se l’allenatore è Salieri. Non è la sua pallacanestro!Sicuro! Con lui finisce 70-65. Intensità difensiva prima di tutto: se anche non fai canestro, se tieni dietro sei a posto.
Se la partita finisce 100-90, come spesso finivano le partite di Pavia, c’è qualcosa che non va se l’allenatore è Salieri. Non è la sua pallacanestro!Sicuro! Con lui finisce 70-65. Intensità difensiva prima di tutto: se anche non fai canestro, se tieni dietro sei a posto.
Ma è davvero così maniacale come racconta la leggenda?
Una volta mi sono divertito leggendo di una sua reazione al trillo di un telefonino durante un allenamento…È uno che cura molto i particolari. Durante le due ore, a volte anche due e mezza, dell’allenamento, vuole la massima concentrazione da parte di tutti quelli presenti in palestra, che siano dentro o fuori dal campo. Un’attenzione così per certe cose in B1 l’hanno pochi allenatori. Può essere vista in modo sereno da noi giovani, ma può esserci il giocatore anziano che non la sopporta. Ma a livello di preparazione a Salieri non puoi dire niente!
Ai playoff poi avete giocato con Venezia.
Sì, perso 2-0.
Poi li abbiamo sistemati noi. Ma è un’altra storia…
In Gara-1 eravamo sopra di 15. Nostro black out, Sartori mette 4 bombe, finita. Al ritorno a Mestre abbiamo perso di 2. Un’onesta figura.
Loro hanno finito la benzina contro di voi. Con noi non ne avevano veramente più. Li abbiamo trovati cotti. Voi li avete cucinati, poi noi ce li siamo fatti!L’anno dopo sono tornato a Reggio. Venivano da una retrocessione. Marcelletti mi ha detto: “Il primo play è Busca, il secondo sei tu”. Ho accettato la “sfida”. All’inizio è andata anche bene, perché i miei 12/15 minuti li ho sempre giocati. Poi ho avuto un momento di difficoltà tra dicembre e febbraio: giocavo meno, e quando salivo giocavo veramente male.
È difficile giocare 12 minuti in una partita…Per me è molto difficile. Ci sono giocatori che possono farlo. Io invece, ancora adesso, non sono quel giocatore che va dentro e fa subito chissà cosa…
Le 3 magate che restano in mente al pubblico o all’allenatore.Sì. Magari ci riuscirò fra 5 o 6 anni… Poi però nei playoff ho giocato 16/17 minuti di media, con alcune gare molto buone: a Pistoia, Gara-1 in casa con Jesi. Però in estate la decisione di Reggio è stata quella di fare una squadra per puntare decisamente a salire…
Loro hanno finito la benzina contro di voi. Con noi non ne avevano veramente più. Li abbiamo trovati cotti. Voi li avete cucinati, poi noi ce li siamo fatti!L’anno dopo sono tornato a Reggio. Venivano da una retrocessione. Marcelletti mi ha detto: “Il primo play è Busca, il secondo sei tu”. Ho accettato la “sfida”. All’inizio è andata anche bene, perché i miei 12/15 minuti li ho sempre giocati. Poi ho avuto un momento di difficoltà tra dicembre e febbraio: giocavo meno, e quando salivo giocavo veramente male.
È difficile giocare 12 minuti in una partita…Per me è molto difficile. Ci sono giocatori che possono farlo. Io invece, ancora adesso, non sono quel giocatore che va dentro e fa subito chissà cosa…
Le 3 magate che restano in mente al pubblico o all’allenatore.Sì. Magari ci riuscirò fra 5 o 6 anni… Poi però nei playoff ho giocato 16/17 minuti di media, con alcune gare molto buone: a Pistoia, Gara-1 in casa con Jesi. Però in estate la decisione di Reggio è stata quella di fare una squadra per puntare decisamente a salire…
E tu sei venuto qua
.Sì!
Da fuori date l’impressione di essere un gruppo legato, sereno, che sta bene. È così?È così. Una volta alla settimana andiamo tutti assieme a mangiare la pizza. Dici: “Va be’, è una cavolata”. Però io conosco poche altre squadre dove 7/8 giocatori si trovano così fuori dal campo. È una forza in più su cui possiamo contare.
L’impressione da fuori è anche che si lavori con intensità, che ci si dia dentro.Nessuno si risparmia. A partire per esempio dallo stesso Giovanni. Lui ha esperienza e potrebbe anche gestirsi un po’. Invece è uno di quelli che c’è di più in allenamento. Questo spinge tutti gli altri a seguirlo, a dare il massimo possibile.
In ogni squadra ci vuole un leader, ed è sempre un piccolo, perché nella pallacanestro di oggi funziona così. All’inizio temevo potesse nascere un dualismo Avanzini-Ruggiero… Arriva Bobo, uno dice: “Oddio, adesso chissà cosa succede”. Invece date l’impressione di andare ancora meglio – sembra esserci pieno affiatamento.Con Ruggio all’inizio ho legato particolarmente. Al di là del basket: lo considero un amico, con lui c’è un rapporto speciale. E sul campo non ho avuto nessun tipo di problema, anzi.Bobo è un ragazzo giovane che si è inserito tra di noi con grande intelligenza, sia nello spogliatoio che a livello tattico. Non c’è nessun problema se lui prende un tiro in più, perché è giusto così, che abbia la possibilità di fare i suoi 15/20 punti. Tutti l’hanno accolto con grande positività.
L’ultimo tiro a Montecatini l’ha preso Antonello, a Ozzano l’hai preso tu, in casa con Montecatini il Maio. Lo giudico un fatto estremamente positivo: non c’è nessuno che deve per forza gestire il pallone decisivo.Non siamo la squadra dove c’è l’Esposito che deve gestire lui gli ultimi 7 palloni. Chi ha la palla e il tiro giusto se lo prende; non ci sono gerarchie, nessuno vuole prevaricare.
A proposito di tiro, si dice sempre che i numeri non contano, ed è vero, i numeri vanno sempre interpretati, bisogna sempre ragionarci. Però il dato che ti voglio sottoporre adesso è abbastanza eclatante. Abbiamo giocato 11 partite in casa e 11 fuori. A Fidenza tiri da 3 col 23%, in trasferta col 45%, esattamente il doppio. Adesso mi dirai: “Cose che capitano, succede…”. Però è un dato troppo particolare!Pensare che in teoria dovrebbe essere l’opposto: tiri meglio sul campo dove sei abituato.
Da fuori date l’impressione di essere un gruppo legato, sereno, che sta bene. È così?È così. Una volta alla settimana andiamo tutti assieme a mangiare la pizza. Dici: “Va be’, è una cavolata”. Però io conosco poche altre squadre dove 7/8 giocatori si trovano così fuori dal campo. È una forza in più su cui possiamo contare.
L’impressione da fuori è anche che si lavori con intensità, che ci si dia dentro.Nessuno si risparmia. A partire per esempio dallo stesso Giovanni. Lui ha esperienza e potrebbe anche gestirsi un po’. Invece è uno di quelli che c’è di più in allenamento. Questo spinge tutti gli altri a seguirlo, a dare il massimo possibile.
In ogni squadra ci vuole un leader, ed è sempre un piccolo, perché nella pallacanestro di oggi funziona così. All’inizio temevo potesse nascere un dualismo Avanzini-Ruggiero… Arriva Bobo, uno dice: “Oddio, adesso chissà cosa succede”. Invece date l’impressione di andare ancora meglio – sembra esserci pieno affiatamento.Con Ruggio all’inizio ho legato particolarmente. Al di là del basket: lo considero un amico, con lui c’è un rapporto speciale. E sul campo non ho avuto nessun tipo di problema, anzi.Bobo è un ragazzo giovane che si è inserito tra di noi con grande intelligenza, sia nello spogliatoio che a livello tattico. Non c’è nessun problema se lui prende un tiro in più, perché è giusto così, che abbia la possibilità di fare i suoi 15/20 punti. Tutti l’hanno accolto con grande positività.
L’ultimo tiro a Montecatini l’ha preso Antonello, a Ozzano l’hai preso tu, in casa con Montecatini il Maio. Lo giudico un fatto estremamente positivo: non c’è nessuno che deve per forza gestire il pallone decisivo.Non siamo la squadra dove c’è l’Esposito che deve gestire lui gli ultimi 7 palloni. Chi ha la palla e il tiro giusto se lo prende; non ci sono gerarchie, nessuno vuole prevaricare.
A proposito di tiro, si dice sempre che i numeri non contano, ed è vero, i numeri vanno sempre interpretati, bisogna sempre ragionarci. Però il dato che ti voglio sottoporre adesso è abbastanza eclatante. Abbiamo giocato 11 partite in casa e 11 fuori. A Fidenza tiri da 3 col 23%, in trasferta col 45%, esattamente il doppio. Adesso mi dirai: “Cose che capitano, succede…”. Però è un dato troppo particolare!Pensare che in teoria dovrebbe essere l’opposto: tiri meglio sul campo dove sei abituato.
Abbiamo i canestri storti?
O non ti piace il colore dell’anello?
[Sorride] Me lo sono chiesto anch’io il perché, ma non l’ho ancora trovato…
Non è perché ci sono il papà e la mamma che ti guardano e ti emozioni?Sono venuti anche a Casale e in altre trasferte, non è quello. È davvero una cosa stranissima, ma la risposta non ce l’ho. Spero almeno di bilanciare il dato un po’ di più!
Non è perché ci sono il papà e la mamma che ti guardano e ti emozioni?Sono venuti anche a Casale e in altre trasferte, non è quello. È davvero una cosa stranissima, ma la risposta non ce l’ho. Spero almeno di bilanciare il dato un po’ di più!
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